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Zhang Xingyuan

È nato nel 1987, è un curatore di fotografia concettuale, direttore della fotografia e fotografo, da tempo impegnato nella progettazione e nell'interpretazione della fotografia concettuale, nonché nella diffusione della cultura tradizionale cinese e nelle attività di scambio culturale internazionale. Le sue opere riflettono per lo più i problemi umani comuni, gli atteggiamenti verso la vita, i fenomeni sociali, le storie della gente, ecc. Le sue opere riflettono su temi legati all'essere umano, alla politica, allo stato dell'esistenza, ai dolori degli anni e alle emozioni del mondo.

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L’Arte è ancora Potere?

L’arte contemporanea va oltre i confini, si fa trascendente e disvela un mondo vibrante dai germogli continui. Le nostre società sono grovigli indecifrabili: ciò che vale in un frangente potrebbe mutare un attimo dopo. In questa inarrestabile evoluzione, l’arte si configura come fulcro su cui si incunea l’umana essenza, un punto cardinale verso cui orientarsi alla ricerca di un orizzonte talvolta visibile ma mai afferrabile. Intanto, il tempo passa e le rivoluzioni lente o dirompenti accadono ridefinendo, di volta in volta, i limiti dell’espressione artistica.

La Cina emerge sempre più come protagonista influente impattando anche nelle dinamiche di mercato che ruota intorno all’arte. E se ogni nazione costituisce un unicum, a maggior ragione lo è la Cina. Un’area sterminata che brulica di vita e contraddizioni ove la tradizione ha nutrito radici secolari che drenano linfa in un riflesso identitario di orgoglio e perpetua bellezza. La Cina è protagonista in questo vorticoso procedere: si fa innovatrice, originale nelle sue proposte, declinando così la sua storia più intima in una miriade di forme concettuali e stili. La Cina è anche sfida alle convenzioni, entro una cornice sociale che rivendica ancora troppo flebilmente diritti e protezione per le minoranze secondo uno spirito democratico di pluralità. Prendendo in prestito le parole dell’illustre Ai Weiwei: "L'arte può essere una forza attiva nel cambiamento sociale." Il pungolo sociale dovrebbe essere l’elemento vocazionale di ogni forma espressiva. Grazie alla sua imponente storia millenaria, la Cina si offre come terreno fertile per esplorare le tensioni tra passato e presente in una ridefinizione delle consolidate convenzioni linguistiche e visuali.

Tra le tante voci, c’è chi lamenta, talvolta, una poco rispettosa devozione verso la tradizione ma questa visione miope non annota quanto l’arte nazionale non sia più soltanto cinese ma universale. Bisogna fare i conti con la globalizzazione culturale e tentare di non esserne succube. C’è del buono davanti agli occhi di chi ammira il nuovo che avanza. Un esercito di giovani artisti ridisegna e scompagina ciò che per alcuni sembra intoccabile e sacro. Si tratta di una dissacrazione fisiologica in una fase di transizione critica tra gli ammiccamenti dell’intelligenza artificiale in un cyberspazio sempre più indefinito, tra spinte ecologiste in preda a un mercato sempre più pressante e avido.

Il futuro pone i soliti dilemmi: la capacità di bilanciare la tradizione con l’innovazione, la critica sociale con l’espressione individuale. Oggi, l’arte è ibrida, fluida, inquinata, contaminata da ciò che, per la vulgata, non è propriamente arte nel senso strettissimo del termine. In questa rinnovata decodifica, si avanza talvolta in coraggiose incursioni verso campi lontanissimi dall’arte stessa. Tracciare le coordinate di questa narrazione è un arduo compito ed è in agguato il rischio concreto che il mercato dell’arte possa distruggere l’arte stessa. Questa evoluzione, talora involuzione, può essere essa stessa seme da cui nasceranno paradigmi di eccezionalità e meraviglia?

L’arte è ancora potere e può farsi arma tagliante, scuotere coscienze e disarmare la supponenza e le inflessibili autocrazie. L’artista vive di libertà, fa ordine nel suo caos, nell’apparente anarchia. Egli sfida la linearità del tempo, ergendosi come testimone mutevole nel fluire degli attimi. L’artista è prammatica e astrazione, è dettaglio, rigore tra i suoi oggetti e progetti. Mostra l’idea o la cela, rifiuta i concetti e poi li sposa, formula fantasiose ipotesi che, probabilmente, non realizzerà mai. L’artista è l’uomo immobile più mobile esistente.

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