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Diego Armando Vasso

Opera come critico freelance per A60 ed altre realtà artistiche internazionali. Nato con formazione medico-scientifica alla UCL di Londra specializzandosi in diagnosi prenatale, negli anni ha dirottato i suoi interessi verso l'ambito della neuroestetica e neurodesign. È stato consulente per l'innovazione e cobranding per i più noti marchi di design a livello mondiale. Londra, Dubai, Doha, Zurigo, Milano sono alcune delle realtà presso le quali ha avuto modo di apportare il suo contributo. Ha pubblicato 2 romanzi ed è stato spesso coinvolto in operazioni di volontariaro sul campo nella baraccopoli africane dello Zambia.

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Arte Internazionale Contemporanea

Accasciati in uno dei momenti più torbidi e disamorati della storia dell’umanità, si stagliano a ritmi perfettamente inquietanti, stravolgimenti epocali che stanno scompaginando la percezione del reale, un reale rinsecchito dalla pandemia e tensioni mondiali.  L’umanità al suo giro di boa si affanna, si strattona, lasciandosi pervadere da una banale rapacità e desiderio di sentire verità, fondate e sconnesse che siano. Tutto è compiuto, tutto il caos ed il vuoto dell’anima ha preso forma: in balia del nulla universale dove anche il dire si striminzisce a silenzio improduttivo.

 

Questo annuario ha il sapore di un allontanamento festoso e a tratti folle; una platea di artisti che in questo gocciolare di dolore e noia, raccolgono le ultime forze con sintesi e distacco: un distaccarsi fervido per arginare l’inarrestabile mole d’ispirazione cui l’universo ha sottoposto questi languidi occhi senzienti. Gli artisti hanno intercettato un dolore cosi multiforme e penetrante che in breve è divenuto il loro accenno di magia, una resurrezione al rovescio. Le forme tornano nitide, luminose e si abbracciano a materiali leggiadri, quasi mistici. È un mondo che ha perso irrimediabilmente la sua essenza granitica e superflua, un mondo di luce, sostenuto dalla costante esigenza di alleviare i suoi tremori, le sue prospettive, in cerca di un momento presente definito e vivibile nel tempo. Si recuperano le forme lineari, si raddoppia la prospettiva ed il mezzo espressivo si fa colorito ed intransigente, privilegiando il senso di salvezza a quello di gradimento.

 

La comunicazione si semplifica, i colori divengono potenti e sinuosi senza alcun alone di seduzione. Ciò che si vede è ciò che si sente, né un atomo in più né un’illusione in meno. Il mondo, cosi prosaicamente ebbro di speranza disattesa, torna ad essere un mondo agli albori, serafico e concentrato già sul bello che è capace di emanare nell’immediato, nella sua indipendente concretezza, senza che l’umano intervenga ad intossicare la valenza del vivere con i suoi beceri meccanismi di salvezza amplificata e riproducibile.

 

Nel buonismo e nel qualunquismo del sentire e dell’esprimersi a tutti i costi, viene fatto dagli artisti un’opera di rilegatura del silenzio, di ricollocazione del valore profetico del non visibile e non detto e del viversi senza la contaminazione eterna di un qualunque pensiero dominante. L’arte torna ad essere arte, senza ambiente da tutelare, diritti da proteggere e regimi da smascherare: un’arte netta, perentoria che sa bastare a sé stessa.

 

L’arte contemporanea si riscopre più potente e concisa di sempre, dopo i fasti di un imbarbarimento forzato al design e alla comunicazione.

 

Il re è nudo.

L’animo torna nuovamente voglioso.

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