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Matteo Coluccia

Una nudità poco esplorata e riflettuta, il tepore urbano del vapore e l'irrefrenabile senso di gioiosa sterilità del vetro. Una sagoma calda e molle si schianta nel tecnicismo del preciso, del giusto in un'oasi di parallela follia e vuoto che lascia spazio ampio al compromesso emotivo. Coluccia proietta una personale vocazione verso la procedura, l'ossessivo ripetersi della stessa, immedesimandola in un atto banale, non necessario e fortemente sessualizzato. Siamo pezzi di una procedura, carne che viene diluita e ricompattata, come un effimero sentore di primavera, gli elementi vitali come il movimento, il liquido ed il corpo recitano ma non si accompagna un altrettanto diretta percezione di serenità. La passività collettiva dell'osservatore che nella sua barbara mancanza di riferimento e di chiarezza affida alle sue pulsioni la spiegazione di quanto accade. Un monito forse per una cultura disattesa, per un culto dell'immagine ad oltranza che nello snodarsi cosi cruda ci ricorda come a mancare sia la salvifica abilità dell'immaginazione in ogni immagine che vediamo.





TARASSACO #1
Performance Faenza - another fucking gallery, 2021
Testo di Diego Armando Vasso

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